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Polemica sui bimbi adottati dai gay

Dubbi e polemiche, ma anche consensi in Ticino, dopo l'ok della commissione del senato all'adozione da parte delle coppie gay. Ma l'interrogativo principale arriva dall'Università di Basilea. E riguarda l'autorità parentale e i diritti dei genitori: "Se la norma passerà in parlamento, ci troveremo tante madri e troppi padri. Come ci si comporterà?", si chiede Eveline Nay, sociologa basilese, commentando la decisione che dà la possibilità alle coppie gay e lesbiche, che hanno registrato la loro unione, di adottare bimbi anche nel caso in cui provengano da una unione eterosessuale precedente, accogliendo così la richiesta di una petizione bocciata solo pochi mesi fa dal Nazionale.

"Il voto va a sradicare il paradosso della legge attuale, ancorato allo stato civile e al pregiudizio sessuale- spiega Donatella Zappa, presidente dell'associazione gay- lesbica Imbarco immediato-. Perché oggi non è possibile per una coppia omosessuale, formalmente registrata, adottare un bambino mentre in teoria è consentito alle coppie di fatto non registrate e ai singoli". Una scelta che divide. "Io penso che quanto accaduto a Berna sia solo una vittoria della lobby gay. E che la maggioranza della popolazione la pensi come loro è tutto da discutere", ribatte Carlo Luigi Caimi, presidente dell'associazione "Sì alla vita", ma che vuole dire la sua soprattutto come deputato Ppd. Caimi avverte: "Un bambino deve crescere con un padre e una madre".

Deborah Solcà, presidente di Comunità familiare, commenta: "Se ci sono le condizioni non vedo dove siano gli ostacoli. Personalmente credo che su questi temi delicati, che hanno implicazioni religiose, etiche e morali, si debba riflettere, senza preclusioni. Tuttavia temo che il Ticino sia ancora poco maturo per assorbire decisioni come questa. Perché la società ha tempi di elaborazione lunghi".

"Eppure il passo fatto al Consiglio degli Stati è un importante", aggiunge Eveline Nay, che sta compiendo il primo studio su tutto il territorio nazionale proprio sulle "famiglie arcobaleno", omosessuali con figli avuti in relazioni precedenti eterosessuali o coppie e single con bambini. "Una costellazione vasta e articolata - precisa - che però pone un problema di grande attualità: spesso ci sono famiglie gay allargate, con due padri o due madri, una naturale l'altra no. E dunque vanno risolti i problemi dei diritti, dell'autorità parentale. Ma ignorare questa situazione di fatto, come è accaduto sino a oggi, è sbagliato".

Quando venne presentata la petizione cattolici e altre associazioni religiose si opposero con fermezza. "Perché la Chiesa pensa che per far crescere un figlio servano un padre e una madre. Non si legittima il diritto soggettivo, cioè quello di lasciare la scelta esclusivamente alla coppia omosessuale. Il diritto è collettivo, di relazione", spiega Markus Krienke, docente di etica sociale cristiana alla Facoltà di teologia di Lugano. "In questo senso non si può restringere - precisa- ciò che è giusto nell'interesse individuale".

Chi già vive invece dentro questa realtà, l'affronta serenamente. "Berna finalmente apre uno spiraglio", dice Susanne, responsabile per il Ticino dell'Associazione famiglie arcobaleno (circa 120 persone iscritte): "Certo, la strada è ancora lunga. Ma già parlarne è importante".

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